L’Associazione Culturale La Decima devolverà la decima parte delle economie derivanti dal concorso in omaggio a Lucio Dalla, all’associazione Amelia, una struttura educativa relazionale per accoglienza di persone fragili, prese in carico a seguito di interazione con enti ministeriali, tribunali, Sert e Comuni. Anima dell’associazione con sede a San Benedetto del Tronto (Ap) la cui attività si compone della gestione di spazi di accoglienza personale e casa alloggio, è Enrica Flammini. Donna e madre, che ha fatto dell’aiuto e sostegno al prossimo, il suo scopo di vita, intrapreso fin dagli anni ’80. In oltre 40 anni di tempo, sono state tantissime le difficoltà causate dal cambiamento della tipologia dei nuovi disagi sociali dell’età contemporanea a cui far fronte, così dalla crisi nelle relazioni umane che, orientate maggiormente all’individualismo, ha incrinato il senso della solidarietà e di conseguenza il valore della condivisione, facendo venir meno la partecipazione al volontariato. Eppure, l’Associazione Amelia c’è.
L’Amelia ha un storia lunghissima, che abbraccia la sua intera vita. Come è iniziato questo percorso?
“A 25 anni ho iniziato il volontariato con l’Unità di strada. Erano gli anni ’80 e all’epoca l’attività era concentrata sull’opera di convincimento verso i tossicodipendenti ad entrare nelle comunità di recupero. La dipendenza era essenzialmente da eroina, di cui si conoscevano effetti e cure. Oggi la diffusione di droghe sintetiche e diverse, rischia di mettere in difficoltà il percorso di trattamento e cura dalle dipendenze“.
Gli anni ’80 erano anche gli anni della diffusione dell’Aids?
“Facevamo anche molta informazione in strada, sempre con lo stesso scopo: quello cioè di salvaguardare e salvare vite“.
Da volontaria ad ‘educatrice sociale’ poi studentessa del corso di specializzazione per il trattamento delle dipendenze. Cosa l’ha spinta a fare questo passo?
“Con mio marito abbiamo adottato un figlio. Durante l’iter burocratico per l’adozione, sono venuta a contatto con tante e diverse realtà nei consultori. Prima tra tutti, quella dell’abbandono dei figli da parte dei tossicodipendenti. Il mio amore infinito per un figlio e la decisione di altri di abbandonarne, mi ha spinto a capire quanto male fa la droga ad una persona, al punto di spingerla a rifiutare l’amore più grande che possa esserci nella vita, quello, appunto di un figlio“.
Ha dedicato oltre 40 anni di vita all’aiuto all’altro sia in strada che nelle comunità di recupero di Marche e Lazio, e negli istituti penitenziari. Cosa le ha insegnato umanamente questa esperienza?
“Il valore della famiglia e soprattutto dell’amore da dare e ricevere. La maggior parte dei casi di fragilità che sfocia nella dipendenza, delinquenza e disagi, è causata quasi sempre da troppo o poco amore. E’ difficile trovare equilibrio e nessuno è genitore da manuale. Ma la medicina sacra per la cura dei rapporti, è il dialogo, il confronto, l’apertura nelle relazioni umane e capire che tutti siamo fragili e tutti siamo forti e che solo insieme si vincono sfide“.
Da ‘Nucleo operativo’ che si occupava di prevenzione, l’Amelia nel 2010 diventa Associazione che si occupa di pre inserimento sociale di persone fragili.
“Il percorso di crescita è dipeso dal cambiamento delle crisi sociali causate dal tempo e dal bisogno di dare risposte a queste criticità. Un percorso dove è stato fondamentale per me, il sostegno e la presenza del dott. Cacaci, direttore del dipartimento e dipendenze patologiche AV5“.
Secondo la sua esperienza, quanto è importante che i giovani non abbandonino i propri sogni da realizzare?
“Avere stimoli da nutrire e obiettivi da raggiungere con il piacere di fare sacrifici, è la base sicura per vincere ogni sfida“.
Un concetto difficile da promuovere, quello della solidarietà?
“Molto. La solidarietà è sì elargizione economica ma è molto di più: scambio di idee, creatività d’insieme, collaborazione per vincere sfide private e collettive in onore della vita. La solidarietà, non è pietismo. E’ amore per l’altro che nasce dal cuore e fa brillare gli occhi di chi si incontra, perché in ogni gesto di altruismo si vince insieme“.